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massimiliano caiazzo

Cinema e Celebrity

Massimiliano Caiazzo a Ciak Generation: “Carmine, il suo dolore e il mio Mare Fuori”

Stefano D Onofrio | 27 Dicembre 2021

Mare Fuori Massimiliano Caiazzo

Intervista a Massimiliano Caiazzo, uno dei protagonisti di Mare Fuori 2: Carmine, dalla ricerca della vendetta alla forza del perdono

Le parole di Massimiliano Caiazzo

Massimiliano Caiazzo ha scavato nel profondo di Carmine e ce lo ha consegnato in tutte le sue luci e le sue ombre. La seconda stagione di Mare Fuori si è conclusa lo scorso mercoledì 22 dicembre e ci ha mostrato il giovane Di Salvo sotto una prospettiva diversa rispetto al passato. La morte della sua amata Nina ha acceso dentro di lui una sete indomabile di vendetta che lo ha allontanato dai suoi affetti più cari (Filippo e Massimo su tutti) e sembrava averlo trascinato per sempre nell’oscurità più profonda. La stessa oscurità dalla quale Carmine è fuggito per tutta la sua vita, rinnegando i “valori” e le regole della sua stessa famiglia. La forza dell’amicizia e l’amore per sua figlia Futura gli hanno permesso di ritrovare la sua vera essenza. Abbiamo parlato proprio di questo con Massimiliano, in una lunga intervista che ci ha permesso di conoscerlo più a fondo: dai primi provini alla scoperta della sua passione per la recitazione fino al ruolo che gli ha cambiato per sempre la vita. E sul futuro di Mare Fuori, ufficialmente confermato per una terza stagione? Ecco cosa ci ha detto.

Quando hai capito che la recitazione sarebbe stata la tua strada?

"Se fosse una commedia romantica" - Scopri di più sul romanzo del momento.

Diciamo che dentro di me sentivo sempre questo tamburo suonare quando si entrava in materia. Al liceo andavo bene più o meno bene in tutto, minimo sforzo massimo risultato, però non c’era nulla che mi accendesse in maniera pura tra le materie che studiavo. C’è stato questo viaggio in America che ho fatto all’età di 18 anni. Al posto di fare la festa ho scelto di partire per 20 giorni con altri tre miei amici. Ciò che mi ha fatto prendere il coraggio di dirlo è stata proprio quell’energia che si sente nell’aria in alcune città americane, questo pensiero comune che ti faceva dire “si può fare”. Lì ho trovato il coraggio innanzitutto di dirlo a me stesso e poi ad alta voce a chi mi circondava.

E la tua famiglia ti ha subito appoggiato in questo?

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Sai, io vengo da una cittadina in provincia di Napoli e certi spazi sono un po’ sotto giudizio. C’era da parte loro una naturale e fisiologica paura nei confronti di questo mestiere. Mia madre è un professoressa, mio padre lavora in Regione. Per quanto anche loro fossero affascinati da questo mondo, lo vedevano sempre da lontano come spettatori. Però devo dire che è stato un processo anche quello attraverso il quale ho avuto la possibilità di conoscermi meglio e di conseguenza di farmi conoscere meglio. Questo è il risultato anche del rapporto che io ho con i miei genitori, che è un rapporto molto onesto. Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che non facessero gli amici ma che mi hanno invece aiutato a capire se questo è realmente ciò che voglio fare, quasi come fosse stato un test in primis per me e poi per loro.

È vero che per pagarti le lezioni di recitazione hai fatto i lavori più disparati?

Sì è vero, il primo anno (di università, ndr) l’ho fatto da pendolare. Sui banchi dell’università io studiavo le scene della settimana e quindi iniziarono a sembrarmi tempo, soldi ed energia sprecati. Perciò ho deciso, come atto di onestà in primis verso di me e poi verso i miei genitori, di dire “io lascio”. Dopo questo primo anno decisi di trasferirmi a Roma e per pagarmi i corsi di recitazione la direttrice della scuola dell’epoca mi disse “guarda, se tu vieni a darci una mano a scuola – che significa spazzare a fine lezione, controllare la classe, smontare e rimontare le scenografie – puoi seguire tutte le lezioni che vuoi”. Quindi divenne un lavoro full time, perché quando non lavoravo seguivo anche i corsi che non dovevo seguire.

Ricordi come è andato il primo provino della tua vita?

Il primo provino della mia vita è stato per la seconda stagione di Gomorra. Mi ricordo che lo preparammo in classe con Gianfelice (Imparato, ndr). Feci questo provino e non ricordo neanche una particolare tensione perché quelli dei casting furono molto bravi a farmi sentire a mio agio. Ebbi un call back e ricordo la disponibilità immensa di Gianfelice. Venne a scuola in un giorno in cui non c’erano lezioni, ci mettemmo insieme in una stanzetta appartata per studiare le scene del call back.

Ti ricordi dov’eri e cosa stavi facendo quando ti è arrivata la notizia che eri stato preso per Mare fuori?

Era un venerdì mattina di maggio, credo, perché sono stato uno degli ultimi del cast a saperlo. Ricordo che avevo fatto un esame per l’università due giorni prima. La mattina mi chiama il mio agente e mi dice “Massi, mi dispiace ma per le prossime 18 settimane sarai impegnato nelle riprese di Mare Fuori”. Io attacco e inizio a urlare, mi ricordo che c’era mio fratello che dormiva e il mio cane Riccio. E poi sono uscito, con le cuffiette nelle orecchie, e ho camminato per Villa Ada per tipo un’ora.

Mare Fuori è una fiction molto importante perché racconta diverse problematiche, come quella della criminalità giovanile che per molti dei protagonisti è quasi una strada obbligata. Qual è il messaggio più importante che secondo te lancia questa serie?

Ce ne sono tanti, perché ogni personaggio ha tanti “urli” dentro. Penso che una delle cose più importanti sia il raccontare come questi ragazzi possano cambiare quando trovano delle alternative a certi tenori di vita, come può essere ad esempio un lavoro (vedi Cardiotrap). Pensa anche al personaggio di Carmine, che ha sempre vissuto in un mondo che ha delle regole e che quando incontra i primi amici inizia a credere alla possibilità di una nuova vita. E la cosa molto bella è che tutto questo viene testato, non consegniamo al telespettatore una sorta di morale etica. Noi mettiamo anche in discussione le alternative stesse, facciamo vedere cosa succede quando quella alternativa viene distrutta, che tipo di dolore emerge e come scavando in questo dolore si riemerge.

Carmine ha avuto un grande cambiamento in questa stagione. Abbiamo lasciato un ragazzo onesto che ha sempre rifiutato la sua famiglia e le sue regole malavitose e lo abbiamo ritrovato con una sete disperata di vendetta. Come ti sei preparato per esprimere al meglio il dolore e anche questo lato più dark del tuo personaggio? 

È stato complicato ma è stato quello che mi ha affascinato da subito quando ho letto la sceneggiatura della seconda stagione. È stato interessante per me come attore potermi cimentare nel racconto di come un essere umano cambia e di poterlo raccontare scena per scena. A me non piace quando nei film o nelle serie succede che un personaggio scompare, c’è un salto temporale e poi ricompare cambiato. A me non piace quando questo processo non viene raccontato. Mi è piaciuto avere la possibilità di poter raccontare concretamente azione e reazione, cosa succede e cosa questo causa.

In questa stagione Carmine ha allontanato le persone che gli vogliono più bene, come Filippo e Massimo. Nel finale di stagione però tutto è sembrato tornare come un tempo. Quanto è importante per Massimiliano, e per Carmine, il ruolo dell’amicizia?

Per quanto mi riguarda l’amicizia e gli affetti fondamentali sono dei pilastri. Può sembrare una cosa scontata e retorica, però ho provato sulla mia pelle quanto possa essere importante avere vicino a te delle persone che ti danno forza, che ti ricordano da dove vieni e anche chi sei, perché può accadere che certe volte lo perdi di vista. È accaduto anche durante la preparazione di questo personaggio, è stata la prima volta in cui mi sono immerso a 360° in un processo creativo ed è stata una cosa che non avevo mai avuto la possibilità di fare. Mi sono accorto di come affrontare questo mestiere sia complicato da un punto di vista umano e di come la presenza di queste figure sia vitale perché ti aiutano a fare degli step che da solo avresti impiegato molto più tempo a fare. Mi ricordo di serate, mentre ero in preparazione e non stavamo ancora girando, in cui ho avuto dei pianti catartici che poi mi hanno aiutato a far crescere aspetti del personaggio.

E per Carmine è la stessa cosa. Lo vedi nel suo rapporto con il personaggio di Chiattillo. C’è un momento in cui è totalmente ambiguo, in cui non capisci se veramente vuole vendicarsi o meno e forse non lo sa neanche lui. Poi a un certo punto si ricorda che la vita va avanti grazie a Futura, grazie al Chiattillo e grazie al Comandante.

Alcune delle scene più intense delle ultime puntate sono state sicuramente quella in cui Carmine ha perdonato Totò e quella in cui si è consegnato alla polizia per far fuggire insieme Filippo e Nad. Quel che ho percepito è che ci trovassimo di fronte a un vero e proprio addio dei loro personaggi. È così?

In realtà non lo so perché non ho ancora letto nulla di questa ipotetica terza stagione. Quello che ti posso dire è che io ho sentito una grandissima gratitudine di Carmine nei confronti di Filippo Ferrari. Secondo me Carmine, grazie a quel rapporto di amicizia, ha capito tanto di sé stesso e delle sue sensazioni. È come se avesse arricchito la sua disciplina emotiva. E quando sei un ragazzo che viene da un certo tipo di fondo, come il caso di Carmine, molto spesso la disciplina emotiva è un’altra.

Mare Fuori 3 è stato confermato. La faida tra i Ricci e i Di Salvo potrebbe diventare ancora più centrale. Tu cosa ti aspetti? Cosa ti piacerebbe vedere se fossi un telespettatore?

Mi piacerebbe che il mio personaggio possa finalmente godersi un pochino quella famosa luce in fondo al tunnel. Sarebbe bello restituirgli delle cose da un lato umano, considerando comunque il fatto che una batosta come quella della morte di Nina sia qualcosa che ti segna a vita e di certo non potrà tornare il Carmine di prima. Come cambierà Carmine è sicuramente una domanda intelligente, che tipo di equilibrio troverà e quali sono i suoi nuovi principi.

Quale è stata la scena che ti ha emozionato di più? 

Ce ne sono parecchie, sicuramente il matrimonio è stata una cosa assurda. Non mi aspettavo una spinta di quel tipo e poi scoprire come la vive il tuo personaggio è interessante. Forse la scena più intensa e più emozionante è quella con Totò. Quando racconti certi temi come il perdono e come l’accettazione ti trovi di fronte a delle cose molto sottili. Per restituire una verità in questo mi sono prefissato di pormi nelle circostanze e di vivere quello che stava succedendo senza giudicare. Prima di andare in scena io non sapevo se lo avessi perdonato o meno, se lo avessi accettato o meno. Quando abbiamo chiuso la scena avevo una forte sensazione di sgomento perché non sapevo cosa era successo e forse quella è stata la chiave. Nel vedere Totò, nel vedere il carnefice accetti che Nina non c’è più, accetti che una parte di te non c’è più. E nell’accettazione inizia un processo di perdono. Perciò sarà interessante nella terza stagione scoprire come queste cose hanno metabolizzato e cosa hanno portato.

Se non avessi interpretato Carmine, quale personaggio avresti voluto interpretare?

Sì, il personaggio di Pino.

Che legame c’è con gli altri protagonisti della serie? 

Quando passi molto tempo con delle persone è inevitabile che si creino dei rapporti. La cosa che secondo me è rara è riuscire a mantenere quei rapporti perché altrimenti si crea l’effetto vacanza, quando conosci delle persone durante un viaggio che ti sembrano i tuoi migliori amici e poi non li senti più per una vita. Noi ci sentiamo, non dico quotidianamente, ma con un certo tipo di costanza. Calcola che per 5 mesi giravamo e la sera continuavamo a stare insieme, c’erano dei giorni in cui ci dicevamo “non vi voglio vedere più”. Questa forse è anche la fortuna di questo progetto. Io all’inizio percepivo tutto questo come qualcosa di più grande di me, quindi avere la possibilità di interfacciarmi con dei miei coetanei e comunicare questo mio disagio ha creato empatia e chimica tra di noi.

Immaginiamo una versione americana di Mare fuori. Quale attore vedresti nei panni di Carmine?

Mi viene in mente Timothée Chalamet, ma forse lo vedrei più nei panni del Chiattillo. Forse Tom Holland.

Mare fuori è una delle serie più commentate su Twitter e sui social in generale. Come vivi il rapporto con i tuoi fan? Chi sono le persone che ti fermano per strada?

Per fortuna oscilliamo un po’ su tutte le fasce d’eta, dal ragazzino al signore over 50. Questa è una cosa che mi fa piacere perché racconto la storia di un ragazzo e poi quella storia diventa universale. Sono felicissimo del successo che sta avendo sui social Mare Fuori perché stanno diventando sempre di più il vero responso del pubblico. Il fatto che siamo stati primi in tendenza per tanto tempo è un risultato notevole da prendere in considerazione.

Progetti futuri? Dove ti vedremo? 

Ho appena finito di girare un film per la regia di Nicola Prosatore con un cast stupendo (Antonia Truppo, Lello Arena, Giovanni Esposito, Antonio De Matteo, Giuseppe Pirozzi), davvero una bella squadra di fuoco. Questo è un film che andrà al cinema, non so ancora quando uscirà, dove io ho davvero un bel personaggio ed è una storia per niente scontata. Per il resto vediamo, ho tantissimi progetti che trafficano nella mia testa e nel mio cuore.

Qual è la tua serie tv preferita o quella che guardi quando sei in un momento di down?

Non ho una serie di riferimento. Ultimamente mi è capitato di riguardare più volte la serie di Zerocalcare. Quando sono un po’ down guardo i cartoni.

Qui puoi vedere un estratto dell’intervista a Massimiliano Caiazzo.