Intervista a Matteo Branciamore

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Matteo Branciamore – foto di Luca Carlino
"Se fosse una commedia romantica" - Scopri di più sul romanzo del momento.

Una serie tv e un nuovo film già accolto con entusiasmo durante l’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Riparte da qui Matteo Branciamore, volto noto del piccolo e del grande schermo, che torna dopo qualche anno d’assenza.

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Per vederlo nei multisala con Enea, la nuova opera di Pietro Castellitto, dovremo attendere almeno il 25 gennaio. Nel frattempo l’attore romano è pronto a salpare su RaiPlay con la nuova serie Eppure siamo felici, prodotta da Publispei. La serie, liberamente ispirata all’omonimo bestseller di Enrico Galiano, racconta la storia di Gioia, un’adolescente costretta a cambiare nuovamente città insieme a sua madre Sabrina (Giorgia Wurth), con cui vive un rapporto conflittuale.

Matteo Branciamore in Eppure siamo felici – © Rai

Nel teen drama, disponibile sul catalogo della piattaforma a partire dal 6 ottobre, Branciamore veste i panni del professore Bove, un insegnante di chimica sui generis che attira immediatamente le simpatie di Gioia. I molti punti in comune con la ragazza trasformeranno Bove in un vero e proprio punto di riferimento per lei. Abbiamo intervistato qualche giorno fa Matteo Branciamore, che ci ha raccontato qualcosa in più del suo personaggio.

D: Parliamo di “Eppure cadiamo felici” la nuova serie RaiPlay che ti vede tra i protagonisti nei panni di Bove, un eccentrico insegnante di chimica. Come ce lo presenteresti?

R: Bove è un professore sui generis. Insegna chimica in questo liceo di provincia ed è un uomo che in questo momento della sua vita ha un po’ gettato la spugna. Ha una situazione personale un po’ complessa: ha un matrimonio fallito alle spalle, è stato tradito da uno dei suoi migliori amici da un punto di vista lavorativo. Sta anestetizzando la sua condotta di vita bevendo e fumando a scuola. È un po’ un uomo stropicciato.

D: Al centro della trama c’è Gioia, un’adolescente che ha degli interessi diversi rispetto a quelli dei suoi compagni e che percepisce di essere un’estranea rispetto agli altri. In questo aspetto c’è qualcosa in comune con il professor Bove? 

R: A Gioia Bove non dispiace come professore perché sono due outcast, due persone che non stanno bene nella società di oggi. Gioia ama il modo di insegnare e come si comporta in classe di Bove, lo trova interessante.

D: Con “Eppure cadiamo felici” passi dall’altra parte della barricata, da studente a prof., e racconti la generazione Z. Che consigli hai dato a questa nuova classe di attori e cosa hai imparato stando a contatto con loro?

R: Non penso di essere il tipo che può dare consigli, non mi ci vedo in quei panni. Nonostante la giovane età, sono molto professionali e sono stati molto bravi. Lavorare con i giovani ti dà pura energia.

D: E a proposito di scuola, come andavi e com’era il tuo rapporto con la chimica?

R: Pessimo, io credo che se il mio professore di chimica del liceo vedesse la serie direbbe ‘io non ci credo che Branciamore interpreta un prof di chimica’. Pessimo ma non perché non mi piacesse la materia ma perché non ero propriamente un secchione.

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Matteo Branciamore in Eppure siamo felici – © Rai

D: Torni alla serialità dopo qualche anno, nel frattempo ti sei concentrato sul teatro e sul cinema. Che panorama trovi rispetto al passato? Riscontri un cambiamento nel modo di fare serie tv in Italia?

R: In realtà il vero cambiamento l’ho notato, ai tempi, quando siamo passati dalla pellicola al digitale. Quello è stato il primo vero cambio epocale. Ora il cambiamento riguarda la fruizione più del modo in cui giri. Quello che è cambiato è che adesso hai più players rispetto al passato. Moltiplicandosi i canali di fruizione sono aumentate anche le storie.

D: I Cesaroni sono da poco stati inseriti nel catalogo Netflix e molti giovanissimi hanno avuto modo di guardare la serie per la prima volta. Nell’epoca dei reboot, c’è spazio per un revival de I Cesaroni? Diresti sì?

R: Questa è una domanda a cui non ti so rispondere in questo momento. Sono concentrato sulle uscite che ci sono oggi. È vero che molti giovani hanno avuto la possibilità di vederla per la prima volta adesso ma è una serie di 10 anni fa. Sono concentrato su altro in questo momento.

D: Hai presentato il film Enea alla Mostra del Cinema di Venezia insieme al resto del cast. Che emozione è stata calcare quel red carpet?

R: È stata la prima volta per me. Mi sono emozionato parecchio, soprattutto durante la conferenza stampa, per l’attenzione che c’è stata per il film. L’ho trovato molto emozionante ed è stata una bella favola.

D: Qual è l’insegnamento più grande che ti ha dato la recitazione? Non intendo a livello professionale ma a livello personale…

R: Molto probabilmente la disciplina e anche il mantenere viva la parte fanciullesca e giocosa dentro di te.

D: Da qualche anno ti sei spostato anche dall’altra parte della macchina da presa. C’è una storia che hai nel cassetto e che ti piacerebbe dirigere?

R: È un argomento che tratto sempre con le pinze perché sono ancora in una fase di studio e ho molto rispetto per questo lavoro. Quando si passa dall’altra parte della macchina da presa è sempre un salto molto importante. Non sto ancora pensando a una storia da dirigere però sono molto attratto dalla regia.

D: La tua serie tv preferita in assoluto?

R: Ne ho tante di serie preferite. Ti posso dire che la mia prima serie crush è stata Amazing Stories, prodotta da Steven Spielberg, una serie fantascientifica degli anni ’80 in due stagioni. Poi da poco ho finito Succession e l’ho trovata una serie pazzesca.