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Davide Di Vetta: «Matteo è cresciuto, io pure»
Davide Di Vetta, la stragrande maggioranza delle persone lo conosce come Matteo di Un Professore. Nella serie di Rai 1…
Davide Di Vetta, la stragrande maggioranza delle persone lo conosce come Matteo di Un Professore. Nella serie di Rai 1 Matteo è quello che fa da collante nei momenti difficili, il ragazzo delle battute quando l’atmosfera in classe si fa pesante. Un ruolo che nel tempo è cresciuto insieme a chi lo interpreta: Davide, romano del 1998, laureato in Giurisprudenza, uno cresciuto a due passi da Cinecittà e arrivato alla recitazione praticamente per caso. Con la terza puntata della terza stagione in onda stasera su Rai 1, Davide racconta un po’ di sé e molto della serie, trovandosi perfettamente a suo agio nei panni di Matteo.
Quanto si sente simile a Matteo?
«La battuta pronta è una qualità che mi riconosco. Anch’io ho una verve comica. Di lui mi piace che non pensa troppo e agisce. Al contrario non sopporto alcuni suoi preconcetti, che a mio avviso personale sono molto discutibili. Alcune uscite che ha con certi compagni sono di cattivo gusto. Nella prima puntata di questa stagione, ad esempio, nei panni di Matteo faccio un po’ il bulletto con il nuovo arrivato. Da Davide io non lo farei mai».
Com’è evoluto il personaggio dalla prima alla terza stagione?
«In ambito amoroso, in primo luogo. Prima Matteo era un mattacchione e ora è fidanzato con Laura, quindi si è stabilizzato. Dal punto di vista più personale, ha iniziato a costruirsi un suo pensiero. Il professor Balestra che ci ha presi in terzo liceo, quindi eravamo adolescenti sedicenni. Arrivando alla terza stagione, invece, c’è una maturità che si vedrà proprio nel corso delle puntate, che porterà Matteo a prendere decisioni e ad affrontare situazioni. Ma non posso fare spoiler!».

Davide Di Vetta tra adolescenza e maturità
E l’adolescenza di Davide com’è stata?
«Bellissima. Tutti dicono “drastica”, io invece dico che è stata stupenda. Rifarei tutto quello che ho fatto, perché mi ha portato a essere la persona che sono oggi e io sono fiero di quello che sono».
La maturità invece?
«Un incubo. Io ero un bastian contrario. Il professore diceva una cosa e io andavo dall’altra parte. Anzi, mi sono ritrovato tutti i professori contro. Io ero bravo, ma avevo problemi in condotta. Sono andato all’esame di Stato con il 7 in condotta. C’è stata una delle mie insegnanti, però, che mi ha fatto scoprire la recitazione. Al Liceo partecipai a un progetto per un cortometraggio che vincemmo. Ma lei era esterna, quindi non mi poteva aiutare in nessun modo».
Era un secchione o un lavativo?
«Guardavo il titolo della pagina e poi andavo a braccio. A casa non studiavo tanto perché facevo tantissime attività al pomeriggio: sport, recitazione. Mi sono diplomato al liceo scientifico con indirizzo musicale. Due pomeriggi alla settimana restavo a scuola per imparare a suonare uno strumento, per le partiture e per tutto quello che era legato alla musica».
Le ambizioni future di Davide Di Vetta
Cosa voleva fare da grande?
«L’avvocato! Non a caso mi sono laureato in Giurisprudenza. La recitazione è arrivata nella mia vita per puro caso. Mia madre voleva farmi seguire un corso di autocontrollo perché ero molto vivace. Scendendo le scale dello Ials incontrammo il mio futuro insegnante di recitazione, che non presentò il suo corso come “di recitazione”, ma come un corso per sapersi relazionare, respirare, gestire tutto questo. Mia madre capì: “Così diventa tranquillo”. Ma lì è stato amore a prima vista per la recitazione».
E oggi cosa vuole fare da grande?
«L’attore! Poi bisognerà vedere se diventa un lavoro vero o rimane un sogno».

Come hanno reagito i suoi genitori quando gli ha detto che voleva recitare per mestiere?
«Sono figlio unico: mamma e papà mi hanno sempre detto di fare tutto quello che volevo, se mi avesse reso felice. Anche nello sport ho fatto di tutto perché ogni anno volevo cambiare disciplina. Loro non mi hanno mai ostacolato e mi hanno sempre detto: “Fai quello che ti piace, basta che usi la testa”».
Davide Di Vetta, la popolarità, l’impatto con il set “dei grandi” e gli amici, vecchi e nuovi
Come vivono la sua popolarità i suoi genitori e gli amici?
«I miei genitori sono i miei primi fan. E lo stesso posso dire dei miei amici: ogni volta che esce una puntata mi mandano video, messaggi. Poi nel corso della settimana, tra una puntata e l’altra, mi chiedono che succederà, ma io non faccio spoiler a nessuno. I miei amici ancora si stupiscono quando qualcuno mi ferma per strada. Frequento gli stessi da anni, ma ho stretto amicizia anche con i colleghi, Nicolas Maupas e Damiano Gavino su tutti. Ma fuori dal set è amicizia vera. Non si parla di lavoro, se succede è solo come consiglio tra amici».
Com’è stato lavorare con Alessandro Gassmann e Claudia Pandolfi?
«Per me è stato incredibile: da ragazzetto mi sono ritrovato in quella bolla. Ho rubato tantissimo, soprattutto dal modo di prepararsi per una scena e dal lavoro prima di una scena. Alessandro mi ha insegnato come stare sul set. Per me la prima stagione di Un Professore rappresentava un debutto: prima avevo fatto solo cortometraggi, produzioni low budget, ed è tutta un’altra cosa».
Com’era il clima tra voi ragazzi nella prima stagione e com’è oggi?
«Ci siamo trovati tutti bene fin dal primo giorno. La prima volta che ci siamo incontrati io e Nicolas ci siamo abbracciati, in pieno Covid, prima ancora di girare. E siamo stati rimproverati perché non avevamo mantenuto le distanze. Anche con tutti gli altri si è creato subito un clima molto familiare e oggi, chi non fa più parte del cast, spesso viene a trovarci sul set».
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