Nella sua autobiografia, l’attore premio Oscar ripercorre un passato difficile tra solitudine e rabbia, fino alla pace ritrovata grazie alla moglie Stella

Nella sua nuova autobiografia, Anthony Hopkins ripercorre senza filtri un’infanzia e un’adolescenza segnate da solitudine e insicurezza. Nonostante oggi appaia sui social come un uomo ironico e pieno di dolcezza, l’attore premio Oscar racconta un passato molto diverso. Hopkins ricorda il giorno del 1949 in cui, undicenne, vide i genitori allontanarsi dal collegio che avrebbe odiato all’istante. In quel momento, scrive, fece una promessa a sé stesso: non appartenere più a nessuno. Una scelta che, invece di rattristarlo, gli diede una strana forza: affrontare la vita da solo, senza chiedere aiuto.

Nato e cresciuto a Port Talbot, in Galles, Hopkins non riuscì mai a integrarsi né a farsi amici. Tutto gli sembrava distante, estraneo. Da giovane attore rifuggiva la convivialità e l’alcol divenne il suo unico rifugio. Dietro il talento che lo ha reso una leggenda del cinema, si nascondeva infatti un uomo rabbioso, inquieto, incapace di trovare un posto nel mondo.

Perfino di fronte alla fama, la sua natura schiva non è cambiata: Hopkins non voleva partecipare agli Oscar del 1992 e dormiva quando vinse il secondo, nel 2021. «Non ho bisogno delle cene con gli altri attori», ammette. «Non ho fame. Perché dovrei andarci?».

Eppure, proprio questa distanza gli permette di osservare l’umanità come pochi altri. «Tutti indossiamo una maschera», dice. «È il nostro modo di sopravvivere». Oggi, grazie alla moglie Stella e alla serenità conquistata con gli anni, Hopkins ha trovato una nuova pace. La sua autobiografia diventa così non solo il ritratto di un attore straordinario, ma la storia di un uomo che ha imparato a perdonare sé stesso.