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News e anticipazioni

Alessandro Fella, ‘Folle d’amore’ per il mestiere dell’attore – INTERVISTA

Stefano D Onofrio | 13 Marzo 2024

Interviste

Abbiamo intervistato Alessandro Fella tra i protagonisti di “Folle d’amore”, biopic di Rai Uno che racconta la storia di Alda Merini

Alessandro Fella presenta “Folle d’amore”

Quando la recitazione bussa, quasi per caso, alla sua porta Alessandro Fella stava seguendo tutta un’altra strada. Un incontro fortuito cambia la traiettoria della sua vita e gli mostra un’alternativa percorribile e, fino a quel momento, neanche immaginabile. Ed è proprio qui che inizia la sua “follia d’amore” per la recitazione.

Alessandro lascia Cinisello Balsamo, la città della provincia di Milano in cui è cresciuto, e si trasferisce a Roma. Qui arriva Il paradiso delle signore, la prima grande opportunità della sua carriera. Al tempo la soap opera era da poco approdata nel daytime di Rai Uno e doveva affrontare il passaggio dall’essere un prodotto serale (e seriale) a un appuntamento quotidiano post-prandiale.

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E quella scommessa, da molti suoi colleghi guardata con snobismo e allontanata con distacco, si rivelò per Fella una scelta strategica e una vera scuola di vita. Dopo tre stagioni lascia “il posto fisso” e fa un altro salto nel vuoto, che si rivelerà altrettanto fortunato. Arrivano, una dietro l’altra, tante occasioni che lo fanno rimbalzare dalla tv generalista alle piattaforme digitali. Dal progetto internazionale di Barbaren su Netflix al grande successo di Maria Corleone su Canale 5, già confermato per una seconda stagione.

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Alessandro Fella
Foto di Davide Musto
Abito Etro
Scarpe Hogan
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Dopo il debutto al cinema con l’ultima opera di Marco Risi, Il punto di rugiada, Alessandro Fella torna in tv con il biopic Folle d’amore – Alda Merini. Nella pellicola che racconta la storia di una delle più importanti firme della letteratura italiana veste i panni di Giorgio Manganelli, il primo amore della poetessa.

Un ruolo che si sviluppa nella prima parte del film ma che l’attore ha accettato con enorme entusiasmo, conscio del grande peso che lo scrittore ha avuto nella vita e nella formazione della Merini. Alessandro si prepara per questo impegno studiando e immergendosi nella storia del letterato, arrivando a coglierne le sfumature più intime.

Un modus operandi che Fella segue pedissequamente in ogni copione e sfida che accetta. Ciak Generation ha intervistato Alessandro a poche ore dal debutto di Folle d’amore – Alda Merini su Rai Uno previsto per giovedì 14 marzo. Ecco cosa ci ha raccontato in questa lunga chiacchierata.

D: In “Folle d’amore – Alda Merini” interpreti Giorgio Manganelli, un ruolo chiave nella vita della poetessa. Come ti sei preparato per questo compito?

R: Questo ruolo si consuma nella prima mezz’ora del film. L’ho accettato perché è un ruolo fondamentale nella vita di Alda Merini. Giorgio Manganelli è stato il suo primo amore ed è stato un intellettuale che l’ha introdotta nei salotti frequentati dai maggiori esponenti della poesia milanese. Ho preso tutto quello che ho trovato su Giorgio Manganelli partendo dal materiale biografico e dalle fotografie che ho trovato su internet. Siamo fisicamente molto diversi e questo ha reso più interessante l’approccio al ruolo perché mi piace molto lavorare su personaggi che sono molto lontani da me. Poi ho ritrovato alcune registrazioni con delle riflessioni che lui faceva sull’amore, tema molto importante anche nel film, che mi ha fatto capire che lui fosse una persona molto riflessiva e profonda.

Ho cercato poi di capire che ruolo avesse nella vita di Alda Merini. Lei lo conosce quando ha solo 16 anni e lui ne aveva 30. Lui resta folgorato dalla personalità prorompente di Alda e dal suo talento e viene messo in difficoltà. Giorgio aveva già una famiglia, aveva una figlia e inizia questa relazione amorosa con Alda dalla quale, a un certo punto, è costretto a fuggire. La motivazione per cui ho scelto di accettare questo ruolo è stata in primis la curiosità di lavorare con Roberto Faenza (il regista, ndr). Quando mi hanno mandato la sceneggiatura ho capito che il ruolo poteva essere importante. E poi per una questione affettiva perché sapevo che una delle Alda Merini sarebbe stata interpretata da Rosa Diletta Rossi, che è una mia carissima amica con cui ho già lavorato in Maria Corleone.

D: Al di là della grande eredità letteraria che ci ha lasciato, che insegnamenti ti ha dato Alda Merini dopo che hai avuto modo di conoscere in maniera più approfondita la sua storia?

R: Ciò che conoscevo di Alda Merini erano le sue poesie. Poi mi sono documentato meglio e ho scoperto che ha avuto una vita a tratti burrascosa: è stata 10 anni rinchiusa in manicomio, ha avuto un’infanzia difficile. Uno dei motivi per cui vale la pena vedere questo film è scoprire l’attaccamento alla vita che aveva Alda. Nonostante tutto quello che le capita, lei non si sottrae mai alla vita e lo fa anche attraverso le poesie. È un po’ come se fosse senza pelle, era un’anima che vibrava molto, non aveva paura ad esprimere le sue emozioni attraverso le parole, il corpo, la sessualità, il suo carattere. Ho conosciuto una donna che in un’epoca non facile, soprattutto per le donne, non si è sottratta a vivere la vita come voleva farlo.

alessandro fella
Alessandro Fella in “Folle d’amore – Alda Merini”
Foto Rai

D: “Per me la vita è stata bella perché è stata cara”. Parafrasando questo verso di Alda Merini, a cosa hai rinunciato e cosa hai sacrificato per il tuo lavoro?

R: A tantissime cose, dovrei tenerti una settimana (ride, ndr). Io mi sento davvero un privilegiato. La vita di chi decide di fare arte è molto complicata. Quello che secondo me ti spinge è l’amore per quello che fai e il sogno di vivere attraverso qualcosa che ti piace fare. Ho dovuto rinunciare in primis alla progettualità della vita, ho dovuto rinunciare ad avere la mia famiglia vicino a me. Mi sono trasferito a Roma 10 anni fa. Tutte quelle che una volta chiamavo scelte ora li chiamo sacrifici. Ho sacrificato tanto tempo con i miei fratelli, con i miei genitori, con i miei amici. Ho dovuto superare tanti momenti difficili, perché è un lavoro che ti comporta una costante attesa e tanti no. La normalità sono i no ed è difficile avere quella motivazione interiore che ti porta ad andare avanti. Sottrai tanto tempo anche a te stesso. Io non vengo da una famiglia benestante e inizialmente non avevo neanche i soldi per poter fare le mie cose, come viaggiare. Tutto quello che avevo lo investivo nella sopravvivenza. Ci sono tante esperienze che ho messo in standby e che sto recuperando adesso.

Mi sento un privilegiato perché in questo momento sto lavorando con continuità. Conosco tanti attori bravissimi che hanno smesso di provarci e sono tornati alle proprie città natali. Rendere produttivo il tempo non è facile ed è quello che sto cercando di far capire a mio fratello, che sta da poco approcciando a questo lavoro. Quando smetti di studiare sei un po’ in mezzo al mare, perché non hai una vita regolare con orari, stabilità, uno stipendio. Non è facile, soprattutto dal punto di vista emotivo. Secondo la mia esperienza personale se vuoi provare ad ottenere dei risultati devi imparare anche a stare da solo con te stesso.

Alessandro Fella sul ritorno di Maria Corleone

D: In “Folle d’amore” c’è anche Rosa Diletta Rossi con la quale si è creato un vero e proprio connubio artistico e ben presto tornerete a lavorare insieme in Maria Corleone 2. Hai già avuto modo di leggere i primi copioni? Che stagione ci aspetta?

R: Non abbiamo ancora letto nulla. Dovevamo iniziare a girare a inizio estate ma molto probabilmente le riprese slitteranno un pochino.

D: Un’esperienza fondamentale della tua carriera è stata “Il punto di rugiada”, l’ultimo film di Marco Risi. Un progetto che è stato un po’ come un bambino per te e che hai accompagnato lungo tutto il suo percorso. Su Instagram hai anche espresso il tuo sconforto per una distribuzione non clemente che ha ricevuto, parli di un “film che forse non è mai esistito se non per qualche giorno in sala”. Perché tieni particolarmente a questo progetto?

R: È la prima volta che uso Instagram per mandare un messaggio di questo tipo, non uso molto i social. L’ho fatto per Il punto di rugiada perché il riscontro che abbiamo avuto girando l’Italia dalle persone che lo vedevano nei vari cinema è stato molto emozionato e commosso. Questa discrepanza tra le reazioni e la distribuzione che ha avuto il film mi ha tirato fuori quel senso di sconforto che ho condiviso. Visto il ventaglio di tematiche che attraversa, può piacere non soltanto a un intellettuale ma anche a un pubblico più popolare. Il film racconta un dramma attraverso la commedia. Tutto questo secondo me porta a galla un problema sulla distribuzione di determinati progetti. Visto che il fine ultimo del cinema è mandare un messaggio, con quel mio post volevo esprimere proprio questo. È un film che ha qualcosa da dire. Per me è stato importante anche perché è stato il mio primo film al cinema.

E ha un ruolo importante anche per il regista, perché racconta una sua parte intima. Attraverso questi anziani lui racconta tante figure che ha incontrato nella sua vita. Il mio personaggio, che si interfaccia con loro, è un po’ come se fosse l’alter ego di Marco (Risi, ndr). Tanti dialoghi sono tratti dalla sua vita. È stato speciale anche perché attraverso quello che facevo raccontavo qualcosa di molto personale e importante per il regista. Ritornare a Cinisello Balsamo, la città in cui sono cresciuto, da attore con questo film è l’incipit per poter fare qualcosa anche da un punto di vista sociale. Vorrei cercare di creare un contatto con i ragazzi e dirgli che, nel ventaglio di possibilità per il loro futuro, esiste anche la cultura, l’arte e l’intrattenimento. Dare uno spunto attraverso il cinema o il teatro per far capire che esistono tanti lavori legati a questo mondo, e che possono essere considerati un’opzione per il futuro, secondo me è importante.

Alessandro Fella parla de Il paradiso delle signore

D: La tua carriera è esplosa con il successo de Il paradiso delle signore, un set che è stato un po’ una scuola per te. Che insegnamenti ti ha lasciato un’esperienza quasi totalizzante com’è quella di una soap?

Sono fiero di aver fatto questa esperienza. Il paradiso delle signore era una serie serale che è poi arrivata nel daytime. Ricordo che quando ho fatto il provino c’erano molte agenzie che, per paura dell’etichetta di ‘attori da soap’, non mandavano i propri talent a fare i provini. Il cast delle prime due/tre stagioni era una squadra veramente forte di giovani interpreti che avevano voglia di tirare su questo progetto. Prima de Il paradiso in quella fascia oraria in Rai non c’era mai stato niente. Solo in seguito questo progetto ha iniziato a essere ambito anche dalle agenzie più grosse. Ho ritrovato alcuni attori che non volevano fare il provino in coda per fare i ruoli di puntata. Lo dico con molto orgoglio e a me è servito tantissimo.

Ti ritrovi per 9 mesi all’anno, cinque giorni alla settimana, a svegliarti la mattina alle 5, girare una puntata al giorno, tornare a casa la sera alle 20 e studiare un copione di 20/30 pagine per il giorno dopo. È una palestra, il mio personaggio ha vissuto per 500 puntate. Dopo quest’esperienza tutti i lavori che ho fatto per me sono stati una passeggiata di salute dal punto di vista dei ritmi. Lì è tutto ‘buona la prima’. È un progetto che, da un punto di vista formativo, consiglio a tutti perché ti forgia tantissimo artisticamente.

D: C’è speranza per i tanti fan della soap di rivedere Federico Cattaneo?

R: Se dovessi seguire il cuore, io tornerei domani a fare Il paradiso delle signore. È stata una famiglia per tre anni per me. Però è stato giusto lasciare. È stata una mia decisione e l’ho presa a malincuore da un punto di vista affettivo perché la produzione mi ha dato davvero tanto. Sentivo però l’esigenza di fare qualcos’altro , avevo la necessità di mettere in pratica ciò che avevo imparato sul set in altre esperienze. Quando ho lasciato non avevo nulla in mano. Sicuramente adesso non è nei piani.

D: La recitazione è arrivata quando stavi seguendo una strada completamente diversa, non è così?

R: Sì, è vero. Io non ero mai entrato in un teatro e non avevo nessun tipo di velleità artistica. Sono diplomato perito informatico e laureato in comunicazione. Nel periodo dell’università, mentre mi arrabattavo a fare mille lavori (commesso, pr, barista, animatore turistico, ecc) ho conosciuto un ragazzo in palestra che ho scoperto poi essere un attore che lavorava per una compagnia milanese che stava per iniziare una tournée. Mi propone di provare. Dopo un po’ di titubanza mi sono buttato in questa esperienza e mi sono ritrovato a firmare un contratto per una tournée di più di 90 spettacoli nei teatri più grandi del nord Italia.

Durante questa esperienza ho voluto approfondire e ho fatto un workshop di recitazione a Milano. Ho iniziato a fare dei primi provini per delle pubblicità, poi la mia prima sitcom per bambini a Roma. Sono sparito per tre anni in cui ho studiato come attore e ho conseguito la laurea, perché era giusto terminare quel percorso per rispetto dei miei genitori che avevano investito nei miei studi. Poi sono tornato a Roma ed è arrivato Il paradiso delle signore, che ha dato il via a tutto il resto.

D: Notte degli Oscar. Sei soddisfatto di come è andata?

R: Tifavo per Matteo Garrone come tutti. I competitor erano belli forti, è stato molto sfortunato. È andata un po’ come quando Leonardo DiCaprio non ha vinto l’Oscar per The Wolf of Wall Street perché c’era Matthew McConaughey che in Dallas Buyers Club ha fatto qualcosa che non so se rifarà mai nella sua vita. Per il resto è andata un po’ come mi aspettavo. Forse Mark Ruffalo avrebbe potuto vincere per Poor Things.

I progetti futuri

D: Progetti in cantiere?

R: A breve iniziano le riprese di Maria Corleone 2. Dovrebbe poi uscire a maggio una serie finlandese a cui ho preso parte e che ho girato tra Finlandia, Croazia e Italia. Si intitola Last to Brake ed è una serie che parla di Jarno Saarinen, un pilota di motociclismo degli anni ’60 che ha avuto un destino molto simile a quello di Marco Simoncelli. Saarinen è stato un astronascente che ha rivoluzionato anche il modo di guidare una moto ed è morto durante un incidente a Monza. In questa serie interpreto Giacomo Agostini, che è il pilota di motociclismo più titolato della storia. L’avvento di Jarno Saarinen ha dato inizio alla fase discendente della carriera di Agostini. È stata un’esperienza davvero bella. Ho avuto la possibilità di incontrare Agostini a Porto Rotondo. Si pensa sempre che il lavoro dell’attore sia monodirezionale ma in realtà non è così. Impariamo tantissimo dei personaggi che facciamo. Ho lavorato con attori incredibili di tutte le nazionalità.

D: La tua serie tv preferita?

R: Non voglio essere banale ma sicuramente Breaking Bad, I Soprano, Lost. Anche le prime stagioni di Gomorra mi sono piaciute molto. Ti dico poi Better Call Saul, This is us e Black Mirror.