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Rubriche ed editoriali

American Horror Story 6×06: al di là della macchina da presa (RECENSIONE)

Niccolo Maggesi | 22 Ottobre 2016

American Horror Story

E’ il trionfo insomma del metalinguaggio, quello emerso dall’episodio evento di questa sesta emozionante stagione di American Horror Story, costruita […]

E’ il trionfo insomma del metalinguaggio, quello emerso dall’episodio evento di questa sesta emozionante stagione di American Horror Story, costruita come a detta di Murphy e Falchuk a mo’ di scatole cinesi. La matrioska più capiente, ad ogni modo, è proprio costituita dai due creatori della serie, che tanto si sono divertiti quest’anno ad inglobare nel loro prodotto un’interessante speculazione non solo sul potere di condizionamento che un qualsiasi ruolo può avere sulla carriera e la personalità di un attore, ma forse soprattutto sulle figure di alcuni produttori che per l’inconscio timore di perdere il sostegno del pubblico sospingono certi meccanismi televisivi fino ai limiti della decenza, finendo invero col dare solo ridicola dimostrazione della propria mancanza d’idee.

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Idee che Murphy e Falchuk, invece, hanno per loro fortuna da vendere, e che a quanto pare hanno saputo arricchire sia con l’intertestualità di un numero infinito di citazioni dal mondo del cinema, giocando ad esempio stavolta con una Kathy Bates che pareva rientrata nei panni mai del tutto dismessi dell’indimenticabile Annie Wilks, o con tutta la letteratura del genere horror girato con telecamere a mano, sia con una mordace riflessione sul linguaggio televisivo – spesso scadente e certamente ormai consumato – dei più comuni reality show.

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